Allievo del corso di sartoria teatrale nel 2019/2020 e oggi costumista e sarto al leggendario Cirque du Soleil, Nicolò Ruzzante ci racconta il suo percorso per la rubrica Hall of Fame.
Nicolò, com’è nato il tuo interesse verso la sartoria in ambito teatrale e come sei arrivato all’Accademia Teatro alla Scala?
Al liceo ho studiato moda e la mia idea era quella di lavorare in questo settore e fare lo stilista. Allo stesso tempo, fin da piccolo bazzicavo il mondo del teatro studiando canto, danza, recitazione e appassionandomi poi al musical per l’esattezza. Ho semplicemente unito queste passioni, trovando la mia strada nell’ambito della sartoria teatrale. Mi ero informato online riguardo ai migliori corsi inerente e ho trovato così l’Accademia. Ero molto deciso nel seguire questo percorso, quindi mi sono iscritto subito dopo la maturità, a vent’anni. Sono stato felicissimo di aver superato le selezioni.
Per te qual è il punto di forza del corso?
Il primo punto di forza è il nome della Scala, che è garanzia di qualità altissima della formazione. Qui ti insegnano il metodo scaligero, che ti regala una base tecnica molto forte. C’è da dire che in tantissime altre realtà non viene usato questo metodo, perché tanti enti non hanno le risorse o il budget della Scala. Ma si ha ormai un bagaglio formativo talmente forte e concreto che si sono sviluppate le capacità e l’inventiva per affrontare le situazioni più diverse.
A parte questo aspetto, secondo me il valore davvero introvabile altrove è l’esperienza di stage: è incredibile, perché si ha l’opportunità di sperimentare molteplici realtà, avendo l’Accademia molti contatti. A noi allievi era stata data la scelta di perfezionarci nell’ambito più vicino alle nostre inclinazioni, che fosse moda, lirica, prosa, musical, cinema…
Ci racconti allora la tua esperienza di stage durante il corso?
Sì, certo! È stata molto formativa ed è stato davvero l’inizio della mia carriera. Avevo intrapreso il corso in Accademia sicuro di voler andare a Londra, in qualche teatro del West End. Non sono riuscito ad andarci ma a pensarci ora è stata la mia fortuna, perché ho fatto un’esperienza al Teatro Nazionale di Milano, dove lavoro ancora tutt’ora, a distanza di tre anni. Ho seguito Pretty Woman, Sister Act e Chicago a settembre. Il Teatro Nazionale è stata una scelta ottima per me, perché è il principale ente che in Italia valorizza e fa circolare il musical, l’arte che più ritrovo mia. Ho lavorato anche ad altre produzioni come Priscilla e Aggiungi un posto a tavola, e fra poco inizierò con Il Fantasma dell’Opera grazie a Stage entertainment, una compagnia di produzioni teatrali, soprattutto musical, olandese.
Sappiamo inoltre che lavori attualmente anche al Cirque du Soleil: com’è nata questa opportunità?
Era un mio desiderio da sempre. Quando ho saputo che veniva il Cirque in Italia sapevo che era la mia occasione e ho cercato in tutti i modi di trovare dei contatti per potervi lavorare! Sapevo che si appoggiano, per la produzione in Italia, a Show Bees, un’agenzia che opera a 360° nel settore dello spettacolo e dell’arte e per la quale avevo seguito una produzione di Trockadero agli Arcimboldi. Da lì ho mandato la mia proposta di candidatura e sono stato convocato per un colloquio con l’attuale capo sarta. È stato bellissimo scoprire che ci sono in realtà tantissimi ex allievi di Accademia che lavorano già lì!
È una bellissima esperienza, anche se faticosa.
Di certo non è il classico lavoro da sarto, perché si lavora molto con i props: monto porte, sposto locomotive, movimento cose ingombranti…però si percepisce l’energia fortissima che unisce tutti i professionisti del Cirque, sono davvero una grande famiglia. È incredibile esserci arrivato non avendo mai lavorato prima in un ambiente del genere, ma è la dimostrazione di quanto sia importante crearsi un network e buttarsi, provarci, chiedere, mandare mille curriculum e parlare con le persone dimostrandosi volenterosi.
In Italia c’è un’idea molto forte del mestiere artigianale e del concetto di “Made in Italy”, ma secondo te il mestiere del sarto viene poi veramente valorizzato con le adeguate possibilità e spazi?
Purtroppo è vero che a volte il mestiere del sarto, come altri, non viene apprezzato né valorizzato adeguatamente. Questo perché a volte operiamo in ambienti dove non ci sono le condizioni per lavorare in maniera ottimale: tanto impegno, poche risorse, poco budget, deadlines non adatte alla mole di lavoro… ma lo spettacolo deve andare in scena e noi ci mettiamo il cuore e ci teniamo a produrre lavori validi. Fondamentalmente questa situazione ti insegna ad arrangiarti e a fare il meglio con il poco che hai a disposizione. Io credo che principalmente il mondo dello spettacolo vada avanti perché fatto da tecnici, staff e persone dietro le quinte altamente motivati e che amano profondamente quello che fanno. È un settore che forse più di altri richiede la prerogativa di essere appassionati.
Qual è il segreto per svolgere bene il tuo lavoro?
La cosa che devi avere per sopravvivere in questo mondo è, per forza di cose, una forte passione, come dicevo prima. Talento e preparazione sono necessari e devi essere molto aperto a trovarti in qualsiasi tipo di situazione e imprevisto. Come sarto devi saperti arrangiare perché, soprattutto lavorando in backstage come me, ti ritrovi molte urgenze dell’ultimo minuto: un cambio cast, un abito che si rompe, devi essere sempre pronto perché non c’è tempo di pensare. Ricordo che in Sister Act avevamo un cambio di un’intera tunica in 40 secondi, 12 attori! Diverse zip si erano rotte e abbiamo tamponato con delle spille da balia…oppure un’artista è stato male tra il primo e secondo atto e abbiamo dovuto nel breve tempo dell’intervallo adattare il costume all’artista cover.
Per concludere, che consiglio daresti ai ragazzi che stanno mandando le proprie candidature per la prossima edizione del Corso di sartoria teatrale per affrontare al meglio l’esperienza?
Mente aperta per assorbire qualsiasi informazione, non solo dalle lezioni ma anche dai tuoi compagni, dallo stage: bisogna rubare più informazioni possibile e capire come farle tue e utilizzarle nel modo migliore. Chiudersi nella propria bolla non porterà lontano, perché il lavoro, specialmente in teatro, è di collaborazione. Infine, non avere paura di sbagliare. L’Accademia è un luogo protetto, dove è necessario provare cose nuove e sbagliare, senza sentirsi in competizione con gli altri perché tanto siamo tutti diversi. Non serve sentirsi frustrati: ognuno ha il proprio tempo e i propri punti di forza. Auguro a ciascuno di trovare i suoi!
Foto di Marta Baffi, ex allieva del Corso di foto, video e new media