Una compagnia teatrale amatoriale, una grande passione per la tradizione della sua terra, la Puglia, e la voglia di tornarci per fondare la propria azienda dopo essersi formata in Accademia.
Questi gli ingredienti della storia di oggi: Francesca Abbatista, ex allieva del Corso di sartoria teatrale, oggi imprenditrice e fondatrice del progetto “CORA – no season”, è la nuova protagonista della rubrica Hall of Fame.
Francesca, raccontaci chi sei e com’è iniziato questo tuo percorso nell’ambito della sartoria.
Sono nata a Trinitapoli, un piccolo paesino della Puglia in provincia di Barletta.
Ho sempre avuto la passione per il teatro e la recitazione, crescendo nella compagnia teatrale che i miei genitori fondarono sostanzialmente per hobby. Mio padre si occupava della regia e mia mamma delle scenografie e dei costumi. Andavo quindi spesso con lei nei mercati e nei negozi del paese a ricercare tessuti e materiale utile da mettere in scena e mi sono così innamorata dei broccati di seta e di tutti i tessuti operati che sono tipici delle ricostruzioni storiche.
Anch’io recitavo nella compagnia, il senso del progetto era quello di coinvolgere più giovani possibile e avvicinarli al teatro: le selezioni erano sempre aperte e la compagnia cambiava in continuazione. L’ultimo ruolo che ho interpretato è stato Arlecchino, un personaggio che ho nel cuore, perché mi ricorda il costume con cui mi sono presentata alle selezioni per entrare in Accademia e il periodo di stage che ho poi sostenuto al Piccolo Teatro di Milano, dove ritrovai negli archivi il costume originale.
Come sei arrivata all’Accademia Teatro alla Scala?
Dopo il diploma, ho deciso subito di approcciare il mondo della sartoria in maniera professionale, perché comunque – per quanto fosse stimolante aiutare i miei genitori nel loro progetto – sentivo di non avere ancora la tecnica giusta per potermi definire una vera sarta. Quindi, oltre ad aiutare mia mamma dietro le quinte, iniziai a fare la “gavetta” lavorando a bottega per altre sarte del mio paese, che cucivano per professione in casa come vuole la tradizione.
Grazie a questo apprendistato ho acquisito molte tecniche nuove e piccoli trucchi pratici, ma allo stesso tempo volevo avere dei riconoscimenti ufficiali e così andai a Bari per seguire un corso professionale di modellistica per donna. Mentre vivevo quest’esperienza ho aperto un piccolo laboratorio personale, dove cercavo di fare abiti su misura; nel frattempo, continuavo a seguire i miei genitori nella preparazione dei loro spettacoli.
Un giorno venni a conoscenza dell’Accademia Teatro alla Scala e dei suoi corsi dedicati ai mestieri del palcoscenico e mi iscrissi subito alle selezioni per il Corso di sartoria teatrale. Ero alla ricerca di un perché specifico: amavo la moda, la sartoria, il teatro, ma cosa volevo fare da grande, davvero?
L’ Accademia mi ha aiutato a trovare una risposta.
Ricordo che durante il corso una docente mi chiese: “pensi di voler diventare una sarta di laboratorio o di palcoscenico?” E la risposta è stata di laboratorio, senza alcun dubbio. In palcoscenico c’è molta più adrenalina, tante piccole riparazioni dell’ultimo minuto, invece in laboratorio c’è la possibilità di ottenere maggior concentrazione, c’è silenzio, tranquillità: è un lavoro di tecnica e di dettaglio.
Qual è il punto di forza del corso?
Si tratta di un programma veramente completo, ben strutturato, che insegna ogni elemento utile per svolgere questa professione sia dietro le quinte di un teatro, sia in un laboratorio di haute couture o anche per aprire un laboratorio personale.
È il corso perfetto per trovare la propria strada, proprio perché ti forma a trecentosessanta gradi, e lo fa in maniera aggressiva, nel senso che ti mette subito alla prova sul campo, dietro le quinte, sulla scena o magari in qualche progetto speciale dell’Accademia realizzato in collaborazione con altri corsi. Ti fa capire cosa voglia dire “lavoro di squadra”, che per me era del tutto nuovo come concetto.
Attraverso il corso, poi ho scoperto anche dei risvolti “psicologici”, se così vogliamo dire. Ho avuto infatti la possibilità di lavorare dietro le quinte dello spettacolo La gazzaladra, in scena al Teatro alla Scala, e allo Spettacolo Istituzionale della Scuola di Ballo al Piccolo Teatro di Milano. In queste occasioni ho appreso quanto sia fondamentale, per una sarta teatrale, saper rassicurare, mettere a proprio agio l’artista che si prepara ad andare in scena e che quindi ha bisogno, in quel momento, non solo che tu lo aiuti a vestirsi, ma che lo accompagni in palcoscenico facendo svanire insicurezza, ansia e agitazione.
Una volta terminato il corso, quali porte ti si sono aperte?
Finita l’Accademia ho lavorato per un po’ di tempo nel laboratorio di sartoria della Scuola di Ballo, come assistente. Mi occupavo di piccole riparazioni durante le prove, o dei tutù che i ragazzi dovevano portare agli spettacoli istituzionali.
Successivamente, ho lavorato per circa tre anni in un’azienda italiana di fama mondiale, la Compagnia Italiana della moda e del costume, dove ho sviluppato grandi capacità tecniche. Tra il 2018 e il 2021 ho seguito e creato con loro i costumi per il Korean National Ballet di Seoul, per l’Astana Opera del Kazakistan e per tutti i teatri milanesi di maggiore rilievo. Ho lavorato sia con materiali importanti e operati, come i damascati, sia con leggere e colorate organze che richiedono una manualità delicata, fine, morbida, la stessa manualità che ho acquisito e maturato anche presso l’Atelier Dolce & Gabbana haute couture.
Cosa ti affascina di più di questo mestiere?
Il piacere di cucire si è impossessato di me! In realtà non sono stata io a cercarlo, ma pian piano si insinuato nella mia vita, da quando ero piccola attraverso, come dicevamo, gli insegnamenti di mia mamma e mia nonna. È una sensazione, una questione di odori, di rumori che mi mettono a mio agio, mi rasserenano e mi regalano sempre attimi di gratificazione. Partire da un pezzo di stoffa e arrivare a un prodotto finito, sapere che è farina del mio sacco, plasmata dalle mie mani e dalla mia mente… È un processo creativo impagabile!
Secondo te il mestiere del sarto, in Italia, è valorizzato?
No, affatto!
Viviamo in un’epoca in cui si sta un po’ perdendo questa voglia, da parte dei giovani, di artigianalità. Quello del sarto è ritenuto un mestiere antico, di cui nessuno ha più bisogno. È faticoso e richiede tempo. Nella moda ormai siamo abituati a volere tutto e subito o a vederlo cambiare in fretta. La trazione invece ha un movimento lento, fatto di piccoli dettagli e molta concentrazione. Col mio progetto voglio proprio riportare il piacere per un capo fatto su misura, ricco di dettagli e pensato appositamente per chi lo indossa.
Ecco, parliamo del tuo attuale progetto imprenditoriale…
Si chiama CORA – no season, e vuole essere un progetto di moda ecosostenibile. Tutta la mia materia prima è di seconda mano: nella mia zona d’origine c’è ancora questa tradizione di mettere da parte il corredo per la generazione futura e nel corredo c’è quasi sempre un copriletto di seta, delle mantovane broccate e damascate molto simili allo stile Dolce e Gabbana, se vogliamo, e anche molto teatrali.
All’inizio ho cercato, in termini di donazione, di recuperare più materiale possibile bussando porta a porta e nei mercatini, per crearmi un magazzino ben fornito con diverse tipologie di stoffa. Quindi ho studiato come poter realizzare un prodotto con ogni materiale e mi sono resa conto che la mia attività è ben diversa dagli altri atelier, perché sia in alta moda sia in teatro, in genere, si parte da un figurino e poi si cerca la stoffa. Nel mio caso è esattamente il contrario: io ho la stoffa che mi spinge a studiare il modello.
In ambito prettamente civile, non si può creare proprio tutto con il broccato, quindi io ho cominciato a disegnare dei bozzetti, a fare anche uno studio di tendenze, e ho sviluppato il bomber, il prodotto di lancio della mia collezione. Non sarà l’unica punta, comunque, essendo il mio un progetto in continua evoluzione come la materia prima. Sono sempre alla ricerca di un prodotto nuovo, ed ecco perché tutto il progetto è no season.
Come ti stai promuovendo?
Parliamo di un’attività appena nata, avviata solamente da due mesi. Sono appena entrata nella fase di sponsorizzazione: ho aperto un’e-commerce, ma allo stesso tempo ho cercato le migliori piazze per creare delle esposizioni in vetrina, perché ritengo che il mio prodotto sia qualcosa da vedere e toccare, necessariamente, e non è sufficiente lo spazio online.
Credo sia fondamentale guardare negli occhi il possibile cliente e dargli il tempo di avvicinare le mie confezioni.
Quest’ estate girerò la Puglia con un gruppo di volontari, cercando di sensibilizzare a un acquisto più consapevole dei propri capi, per far passare il messaggio che abito di seconda mano non vuol dire abito di poco valore, anzi! Mi raccomando seguitemi anche voi… https://coranoseason.com/