Mercoledì 21 novembre 2018 alle 17, al Ridotto A. Toscanini del Teatro alla Scala, l’Ensemble Giorgio Bernasconi dell’Accademia sarà diretto da Arnaud Arbet per un concerto inserito nella 27ª edizione del Festival Milano Musica, quest’anno intitolato György Kurtág. Ascoltando Beckett.
Gli allievi accosteranno alcune opere dell’autore ungherese a composizioni di Maurice Ravel, Igor Stravinskij e Pierre Boulez, con Hilary Summers voce solista. Milano Musica, con cui l’Accademia scaligera vanta un lungo rapporto di collaborazione, quest’anno rende omaggio a Kurtág in occasione della prima mondiale della sua Samuel Beckett: Fin de partie, scènes et monologues, opéra en un acte al Teatro alla Scala, approfondendo non solo le tematiche beckettiane presenti nell’intera sua produzione e in quella dei compositori di oggi, ma ponendolo anche in dialogo con i grandi autori del passato e del Novecento.
Il programma proposto dall’Ensemble Giorgio Bernasconi prevede Tre pezzi – Tre altri pezzi per clarinetto e cimbalom e Brefs Messages op. 47 (2011) di György Kurtág, Trois poèmes de Stéphane Mallarmé di Maurice Ravel, Dérive 1 di Pierre Boulez, Pribaoutki per voce ed ensemble (1914), Berceuses du chat per voce e tre clarinetti (1916) e Ragtime per ensemble (1918) di Igor Stravinskij.
Per gli allievi il concerto rappresenta un’ulteriore occasione di crescita professionale, grazie alla direzione di un artista come Arbet che con Kurtág ha condiviso il lungo percorso di gestazione di Samuel Beckett: Fin de partie, opera in scena alla Scala dal 15 novembre. Arbet non solo ha collaborato con il compositore ungherese affiancandolo nel lavoro sul testo originale francese, ma si è occupato anche della preparazione dei cantanti oltre che della redazione editoriale della partitura.
György Kurtág (1926)
Tre pezzi – Tre altri pezzi per clarinetto e cimbalom op. 38/38a (1996)
Maurice Ravel (1875 – 1937)
Trois poèmes de Stéphane Mallarmé pour voix et ensemble (1913)
Pierre Boulez (1925-2016)
Dérive 1 (1984)
Igor Stravinskij (1882-1971)
Pribaoutki per voce ed ensemble (1914)
Berceuses du chat per voce e tre clarinetti (1916)
Ragtime per ensemble (1918)
György Kurtág (1926)
Brefs messages op. 47 per ensemble (2011)
Un senso di sospensione temporale, profili melodici che suggeriscono ipnotici canti ancestrali percorrono i Tre pezzi – Tre altri pezzi per clarinetto e cimbalom op. 38/38a (1996) di György Kurtág. Le lunghe note del clarinetto, accanto al suono del cimbalom, sembrano narrarci storie che arrivano da lontano: pochi gesti che suggeriscono molteplici sensi si fanno strada in noi e in pochi istanti attraversano la nostra corazza, che fatalmente cede a questa musica come si cede al fascino di un mistero irrisolto: di un qualche intruglio alchemico si fregia questa musica, ricetta di un rito magico, antico.
L’innegabile natura sirenica dei Trois poèmes de Stéphane Mallarmé (1913) di Maurice Ravel si nutre delle suggestioni di un testo poetico raffinatissimo, che si esplicitano in fluidi arpeggi, schegge sonore che suggeriscono innumerevoli riflessi: gesti musicali che restituiscono un universo di immagini che vanno a popolare la mente e vi rimangono impresse come una visione, per poi moltiplicarsi, come fasci di luce attraverso trasparenti cristalli.
Gatti sorpresi a rompere nocciole, persi tra stoffe e morbidi cuscini, lepri che mangiano zuppe e poi colonnelli e beccacce…sono i personaggi che animano le Berceuses du chat (1914) e la raccolta Pribaoutki (1916) di Igor Stravinskij: ritratti tipici dell’anti-retorica stravinskijana, filastrocche in cui il rapporto musica-testo viene continuamente disatteso dal compositore, già innamorato di quell’oggettivismo che evolverà nella sua geniale reinvenzione del classicismo (il Ragtime, del 1918, nonostante il sapore jazzistico ne fa già pienamente parte). Del periodo appena precedente (quello della Sagra e di Petruška) resta ancora molto: gli incisi melodici brevi, la natura diatonica dei temi affidati alla voce, cui si contrappone il sempre raffinato ricamo degli strumenti.
Da una parte accordi risonanti di 12 suoni, dall’altra isocronie e procedimenti imitativi; da un lato gesti inediti, dall’altro la costruzione di un discorso musicale (con tanto di climax nel momento centrale del brano) che richiama le strutture formali del passato: il rivoluzionario Pierre Boulez con Derive I, lavoro del 1984 (esattamente 30 anni dopo Le Marteau sans maître, momento di avanguardia pura), recupera il passato, lo rinnova, illuminandolo con un vocabolario nuovo, fatto di quelle parole e di quei gesti che lui più di ogni altro aveva contribuito a creare.
Una fanfara di tromba e trombone apre Brefs messages op. 47, lavoro di Kurtág del 2011; il clarinetto e il corno inglese e poi gli archi ripropongono anch’essi un serrato dialogo, quasi fossero ombre gli uni degli altri… Anche qui si vive come immersi in un’antica liturgia, restituita dal procedere antifonale della struttura musicale. Un percorso mai sazio quello del compositore ungherese che ancora una volta raccoglie tutte le eredità del passato per scrivere pagine di grande originalità, che custodiscono nuove strade da percorrere: strade che si rivelano solo a chi sa conservare l’incantata meraviglia dell’eterno fanciullo Kurtág.
Giuseppe Califano
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