Ieri sera, al Teatro alla Scala, è andato in scena il Trittico Weill, una nuova produzione diretta da Riccardo Chailly con regia e video di Irina Brook. Come collaboratrice alle scene troviamo Valentina Volpi, ex allieva della classe 2017-19 del Corso di Scenografia Teatrale.
Valentina, dopo una laurea con il massimo dei voti a Brera in Scenografia, hai concluso il biennio specialistico dell’Accademia con un attestato e una borsa di studio di merito. Oggi ti ritroviamo come Collaboratrice alle Scene di uno spettacolo in scena al Teatro alla Scala, un palco importantissimo. Ieri sera il debutto, come ti senti? Com’è stato lavorare a questa nuova produzione?
Lavorare a questa produzione è stato fin da subito un’emozione, da un lato per l’occasione imperdibile di collaborare per la prima volta con Irina Brook – di cui ammiro profondamente la visione, al tempo stesso sensibile e graffiante – su un Trittico diretto dal Maestro Riccardo Chailly; dall’altro per il privilegio di farlo al Teatro alla Scala, il luogo in cui ho avuto la fortuna di formarmi e che considero il palcoscenico più importante al mondo.Ieri sera è stato molto toccante, i miei occhi e tutti i miei sensi cercavano di assorbire quanti più ricordi possibili – dal chiacchiericcio indistinto del pubblico prima che lo spettacolo iniziasse allo spegnersi di tutte le luci in sala. A fine dello spettacolo, sulle note di Youkali, mi sono commossa (ma come si fa a non farlo?).
Da quando hai terminato in Accademia sei stata molto attiva lavorando in Teatri tra Italia ed estero. Qual è stata l’esperienza o le esperienze a tuo parere più sfidanti e gratificanti?
Le esperienze più sfidanti e gratificanti, secondo me, sono sempre legate ad una prima volta. Ricordo con grande entusiasmo la mia prima importante assistenza alla scenografia per La Gazzetta all’Oper Frankfurt di Francoforte nel 2019, con le scene di Sergio Mariotti e la regia di Caterina Panti Liberovici.
È stata una delle prime occasioni in cui ho potuto davvero mettermi alla prova anche in un contesto non italiano, la percezione che avevo era quella di essere nel posto giusto per me.
Un’altra esperienza estremamente formativa è stata la mia prima assistenza significativa ai costumi per Un ballo in maschera al Teatro Regio di Torino nel 2024, progetto firmato da Ilaria Ariemme con la regia di Andrea De Rosa e la direzione di Riccardo Muti. Anche in quel caso, ho avuto l’occasione di confrontarmi con un’altra grande macchina teatrale e con professionalità di altissimo livello.
Oggi sei scenografa, costumista, pittrice di scena, decoratrice e illustratrice. Il biennio prepara allievi ed allieve su più campi, facendoli lavorare nei laboratori Ansaldo, luogo dove vengono realizzate tutte le nuove produzioni scaligere grazie ai vari reparti di scenografia, pittura, scultura, costume e attrezzeria. Secondo te, nel mondo lavorativo di questo settore, quanto è importante essere così sfaccettata e multidisciplinare?
Secondo me poter spaziare tra ambiti diversi in questo mestiere è un grande valore perché ti permette di sviluppare una consapevolezza concreta di ciò che è possibile realizzare e di ciò che viene richiesto. Per esempio, uno scenografo bozzettista che ha avuto esperienza diretta in laboratorio avrà una visione più realistica delle possibilità tecniche, sia in piccolo che in grande, e potrà dialogare in modo più efficace con chi realizza fisicamente il progetto. Inoltre, i diversi ambiti si contaminano continuamente tra loro: spesso un’intuizione nata in un settore può ispirare soluzioni in un altro.
E dopo questa prima scaligera, quali sono i tuoi impegni lavorativi nei prossimi mesi?
In questo momento sto lavorando alla consegna di un progetto di costume per il concorso di OperaLombardia. A seguire, affiancherò Ilaria Ariemme come assistente ai costumi per Riccardo III, diretto da Andrea Chiodi con le scene di Guido Buganza, in scena il 18 luglio al Teatro Romano di Verona. Ci sono poi altri progetti in fase di definizione che si stanno via via concretizzando.
In questo periodo tante ragazze e ragazzi stanno preparando la loro candidatura per partecipare alle selezioni del prossimo biennio, vuoi dar loro un consiglio su come affrontare al meglio il corso e in generale questo mestiere?
Ricordo sempre un piccolo aneddoto del mio colloquio di selezione per il concorso. In quell’occasione dissi ai futuri docenti che desideravo arrivare a casa fisicamente stanca perché sentivo il bisogno di buttarmi in qualcosa che mi coinvolgesse completamente. Sono sempre stata così: se amo fare qualcosa, non risparmio le energie.
Questo biennio è un periodo che può cambiarti la vita.
Il mio consiglio è quello di rimanere aperti, fidarsi delle proprie capacità e non avere paura di commettere errori o di fare quella domanda in più, anche una volta fuori dall’Accademia.
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