Fra i corsi del Dipartimento Management figura il Corso di direzione di scena, un programma affascinante che forma quel professionista che sovrintende a entrate, uscite e spostamenti di artisti e oggetti durante uno spettacolo.
Fra i diplomati di questo corso vi è Sumireko Inui, che si è raccontata per la nostra Hall of Fame.
Come hai conosciuto l’Accademia?
Ho visto una pubblicità su Facebook, prima non sapevo dell’esistenza in Italia di una realtà del genere. Era un periodo molto difficile per me, eravamo in piena epidemia Covid, ero lontana dalla mia famiglia e mi stavo laureando in discipline dello spettacolo presso il Conservatorio Vivaldi di Alessandria.
Mi sembrava un filo di luce dentro un tunnel, perché durante il percorso del Conservatorio ho avuto diverse occasioni di vedere il mondo del “dietro le quinte” e di tutta l’organizzazione che c’è al di fuori del palcoscenico e mi è piaciuto tanto, ma ero ben consapevole di non avere le conoscenze adatte per poter ambire a lavorare nella Direzione di Scena.
Quando ho visto che l’Accademia apriva un nuovo corso, proprio di Direzione di Scena: come potevo non provarci?
Hai vinto una borsa di studio, ti ha aiutata nel tuo percorso di studi a Milano?
Assolutamente sì, mi ha permesso di poter vivere in una città come Milano e poter dedicarmi abbastanza serenamente al corso dell’Accademia. È qualcosa che non ho mai dato per scontato e davvero importante.
Secondo te com’è il mercato del lavoro per diventare Direttore di Scena in Italia e all’estero?
Devo dire che io sono stata particolarmente fortunata, perché dopo l'esperienza di stage al Teatro Carlo Felice di Genova, grazie all’Accademia, mi hanno subito proposto un contratto per il ruolo di vice-Direttore di Scena. Quindi ho fatto un percorso molto lineare: ho fatto il corso che desideravo, ho fatto lo stage che desideravo e poi mi hanno fatto un contratto. Esattamente come dovrebbe essere.
Sono molto felice della mia esperienza e parlando personalmente, non conosco bene al di fuori di Genova, ma l’impressione è che il mercato del lavoro in Italia mi sembra ricco di istituzioni, teatri, festival, enti culturali ed eventi dove questa particolare figura è molto richiesta.
Per l’Estero ancora non mi sono addentrata, per ora vorrei rimanere ancora in Italia.
Che caratteristica ideale deve avere una persona che fa questo lavoro?
Prima di tutto deve avere una grande attenzione per tutto ciò che riguarda l'attività del palcoscenico sia per quello che riguarda la parte artistica che la parte tecnica. Poi deve avere una buona capacità di comunicazione. Sono due capacità sulle quali anche adesso continuo a cercare di migliorare. (Soprattutto sulla seconda, essendo io straniera ci sto attenta).
Per esempio per creare una produzione vengono coinvolte più di un centinaio di persone che hanno "backgrounds" veramente vari (genere, età, nazionalità, professione, studio etc. ) e hanno diverse caratteristiche sia dal punto di vista personale sia dal punto di vista lavorativa. Bisogna sapere con chi si ha a che fare per portare lo spettacolo in scena (possibilmente con tutto il cast e tecnici salvi, sani e contenti!). A volte per risolvere i problemi i Direttori di Scena si interfacciano davvero con chiunque, perfino con il personale amministrativo. E bisogna sempre stare molto attenti agli altri e tentare di essere empatici.
In quest’anno ho imparato che anche una piccola stranezza che sembra niente all’inizio, se viene ignorata, alla fine può diventare un grosso ostacolo. Le relazioni umane sono delicate.
Qual è la sfida più grande che hai affrontato sul lavoro?
Sinceramente è un continuo di difficoltà e le sfide, non saprei scegliere quale. Ma devo dire che è molto cambiato il mio modo di affrontare le cose. All'inizio appena succedeva qualcosa mi veniva da piangere, andavo spesso nel panico e avevo l’impulso di andarmene.
Invece adesso so bene che qualche soluzione si trova sempre. È un lavoro di squadra, quindi anche se non risolvo da sola so di poter lavorare coi miei colleghi che hanno anni di esperienze sulle spalle.
Posso menzionare la mia prima vera sfida, inerente alla temperatura di una sala durante un concerto orchestrale in una trasferta.
Dopo tre giorni dall'arrivo al Carlo Felice, ho preso in carico di seguire un concerto dell’Orchestra in una chiesa nel mese di marzo. Io ero preoccupatissima perché non avevo mai seguito un evento in un contesto del genere e non ero neanche tanto preparata nell'ambito orchestrale, ma tutti mi dicevano che è sempre andata bene e non ci sarebbero stati problemi neanche questa volta. Invece, durante la prova di assestamento prima del concerto, l’Orchestra decise di interrompere e saltare la prova. Il Carlo Felice ha un accordo per il quale sotto i 18 gradi l'orchestra può decidere di non suonare per garantire il livello dell'esecuzione a causa del congelamento di dita e fiato, oltre allo scopo di proteggere gli strumenti. Dunque, eravamo a un'ora prima del concerto e fino all'ultimo momento non abbiamo saputo se l'orchestra avrebbe suonato o meno. Per fortuna con l’arrivo del pubblico la chiesa si è scaldata e l'Orchestra ha deciso di esibirsi, proprio due minuti prima dell'inizio del concerto.
Io avevo avuto una crisi di pianto perché mi stressava molto l’idea di far saltare un concerto al mio terzo giorno di lavoro. Per fortuna è andato tutto bene e da quel giorno mi porto sempre dietro un termometro!
Soprano svizzero, allieva biennio canto