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  • Hall of Fame: Maddalena Altieri, maestro di sala

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    Hall of Fame: le passioni di Stella Raciti

    Nuovo mese, nuovo ritratto: la protagonista della Hall of Fame di oggi è Maddalena Altieri, una giovane maestra di sala ex allieva del Corso di perfezionamento per maestri collaboratori.

    Leggete i suoi pensieri e ricordate che le iscrizioni alla nuova edizione del Corso per maestri collaboratori sono aperte fino al 20 settembre 2022. Fatevi ispirare da Maddalena e iscrivetevi qui alle selezioni!

     

    Maddalena, partiamo dall’inizio: a che età ti sei avvicinata al pianoforte?

    Ho iniziato a studiare pianoforte a 4 anni; in famiglia c’è sempre stata passione per la musica, ma solo io e mio fratello, che è chitarrista e cantante barocco –  abbiamo intrapreso un percorso professionale. Abbiamo anche avuto qualche occasione di lavorare insieme, purtroppo poche, perché abitiamo distanti.

    L’amore per l’accompagnamento è arrivato in seguito, verso i quindici anni, al Conservatorio – che ho frequentato a Rovigo; il mio insegnante di pianoforte era un maestro collaboratore, lavorava con i cantanti. Spesso, fra una lezione e l’altra studiava con loro e io mi fermavo ad ascoltare. Ho così iniziato a conoscere questo mondo.

     

    foto di cristina mannella, ritratto di maddalena altieriE come sei arrivata all’Accademia Teatro alla Scala?

    Ci sono arrivata tramite una compagna di classe di Conservatorio, che aveva provato l’ammissione allo stesso corso; l’avevo vista prepararsi, qualche volta, con il mio maestro Paolo Ballarin e io così scoprii dell’esistenza di questo percorso. Prima di allora non avevo idea che l’Accademia offrisse questo biennio. Ho iniziato a informarmi sul programma didattico, che mi aveva davvero incuriosito, ed è diventato un sogno, anche se inconsapevolmente.

     

    Hai iniziato subito a studiare per le selezioni?

    Non proprio subito, avevo chiesto il bando per farmi un’idea precisa del corso ma decisi di partecipare solo due anni dopo, non ero ancora pronta. E dopo due anni, per me era la penultima possibilità di ammissione – perché c’è un limite massimo di età. Ci tenevo molto, a entrare, e ho studiato con cura: a quel punto era un progetto di vita, non un tentativo casuale.

    Ero tesa indubbiamente, quando ho iniziato la prova, perché il nome della Scala è importante e sapevo che ci sarebbero stati maestri del Teatro in commissione. Fu un momento emozionante che ricordo come fosse ieri. Ero comunque motivata da un forte desiderio di sperimentare questo percorso e alla fine è andata bene!

     

    E poi, alla fine del biennio, qual è stato il tuo bilancio: hai trovato un percorso in linea con quanto dichiarato in brochure?

    L’ho trovato migliore! Abbiamo lavorato davvero tanto, più di quanto pensassi; nel bando si accennava sì a produzioni, ma non si andava nel dettaglio e non sapevo cosa aspettarmi. L’esperienza pratica si è rivelata poi davvero intensa e di altissimo livello. Purtroppo, l’ultima parte del corso è stata rovinata dall’arrivo della pandemia, che ha segnato una battuta d’arresto, ma il primo anno non ci sono mancate straordinarie occasioni di formazione sul campo. E ho anche apprezzato molto la calendarizzazione di queste esperienze e il fatto che siano seguite a un intenso periodo di studio; non siamo stati “lanciati” in Teatro, ma preparati ad affrontarlo. La percezione era di frequentare ogni giorno una masterclass intensiva, per qualità e tipologia delle lezioni, con il plus che essendo di gruppo si poteva imparare molto anche dagli altri.

    Lavorare in un teatro non è semplice, si avvicendano molte persone, sono coinvolte numerose figure professionali e i ritmi sono serrati; quindi, avere la possibilità di lavorare in sede separata con i maestri e i colleghi è un fattore determinante.

     

    Fra le produzioni a cui hai potuto lavorare, quale ti ha entusiasmato maggiormente?

    Ricordo ovviamente con particolare trasporto Gianni Schicchi, parte del Progetto Accademia 2019 rappresentato insieme a Prima la musica poi le parole di Salieri. Si trattava di una regia molto divertente firmata da Woody Allen ed è stata la mia prima partecipazione a una produzione teatrale. In particolare, sono stata direttamente coinvolta nella prova di antepiano.

    Anche le altre produzioni, comunque, sono state importanti occasioni di crescita: il Rigoletto con Daniel Oren e Leo Nucci, ilZauberflötein trasferta a Shanghai…

     

    Ipotizzando di poter allungare il monte ore del corso a piacimento, quali lezioni replicheresti o aggiungeresti?

    Dedicherei forse maggiore spazio allo studio del recitativo e alla prassi del basso continuo; è un tipo di lavoro che si acquisisce soprattutto con la pratica più che con la teoria, come suggerisce la parola. Il programma del biennio riserva già un po’ di tempo a questa tematica, ma una prassi più specifica su strumenti diversi per esempio, come il fortepiano o il cembalo, la trovo utile. Sono diversi dal pianoforte per meccanica e risposta, quindi sapere come reagire o come per esempio realizzare un’infiorettatura su queste tastiere è importante.

     

    Questo percorso di specializzazione prepara professionisti in grado di ricoprire molteplici ruoli, spaziando dal maestro di sala al maestro suggeritore.

    Tu hai scelto proprio il ruolo del maestro di sala: una vocazione o una casualità?

    A me piace lavorare con i cantanti, mi è sempre piaciuto. Ne sono predisposta naturalmente, credo, quindi direi assolutamente una vocazione. Trovo appagamento nello studiare insieme per preparare un ruolo o un’aria, per me è una bella sensazione.

    Inizio adesso un nuovo contratto al Teatro di Kiel, in Germania, proprio come Solorepetitor, che appunto è il corrispettivo del maestro di sala.

    È una novità, ho appena terminato il trasloco e in agosto inizio l’attività professionale. La città è molto carina, sul Baltico… non male. Spero che sarà altrettanto positiva anche la mia esperienza qui.

     

    Appena terminato il corso in Accademia ho iniziato a inviare candidature a diversi teatri. Volevo fortemente lavorare in Germania, quindi sono andata dapprima in un’Opera Studio e, mentre lavoravo lì, sono stata invitata come ospite per una produzione in scena a Lubecca. Nel mentre è stato pubblicato il bando per il posto a Kiel, poco distante da Lubecca, e ho inviato la mia candidatura. In Germania effettuano una preselezione, quindi non è scontato essere chiamati, e invece… eccomi qui!

     

    maddalena altieri al pianoforte

    Nel programma del corso per maestri collaboratori dell’Accademia c’è anche un modulo di lingua tedesca: ti è tornato utile?

    Sì, molto – mi ha dato le basi della grammatica. In questo mi ha poi aiutato il lockdown, che ho sfruttato per studiare maggiormente la lingua. Anche se poi, giunta qui, la prima impressione è stata quella di non capire nulla, come spesso accade quando si studia una lingua straniera fra i banchi di scuola. Ma avendo buone basi, ho recuperato in fretta.

     

    Vedi a Kiel il tuo futuro?

    Il contratto è biennale e normalmente, se l’esperienza va a buon fine, è rinnovato; ma a gennaio dovrò già guardarmi intorno, comunque. Ora però è presto, sono appena arrivata e devo ancora ambientarmi. Non so se vorrò rimanere lì… devo capirlo in questi mesi, ma non escludo di muovermi, in futuro. Per mia natura penso che sentirò presto l’esigenza di sperimentare nuovi teatri e sale e conoscere nuove persone da cui apprendere.

     

    A proposito di persone e di relazioni umane: fra i docenti del Corso, quale ti ha ispirata maggiormente?

    Impossibile scegliere, devo dire tutti perché ognuno di loro ha smosso qualcosa in me. Il valore aggiunto del corso sta proprio nel fatto di avere un Corpo Docente formato da professionisti di altissimo livello con idee artistiche a volte differenti e con diverse intenzioni musicali. Si sperimenta così fin da subito l’ambiente teatro, dove si è inseriti in un team variegato e, allo stesso tempo, ci si misura – ad ogni produzione, anche dello stesso titolo – con richieste diverse. Questo mi ha permesso di essere versatile, elemento fondamentale nel nostro lavoro.

     

    Quale caratteristica deve possedere, un cantante, per essere per te un buon compagno di lavoro?

    Deve essere aperto al dialogo e al confronto. Alcuni prendono la correzione come una critica e si chiudono, specie quando sono giovani e stanno impostando la loro carriera. Noi abbiamo il compito anche di trovare il modo di dire le cose in maniera costruttiva e non è molto facile se dall’altra parte si alza un muro. Deve esserci un rapporto di fiducia, fra maestro di sala e cantante, ed è qualcosa che cresce man mano che si lavora insieme.

    Sicuramente bisogna tenere a mente che ogni persona è diversa e non si può adottare lo stesso metodo con tutti: ascoltare e adattare le indicazioni è fondamentale. In questo modo si instaura anche un circolo virtuoso, perché mentre aiutiamo nella preparazione il cantante, impariamo noi stessi molte cose.

    Quello del maestro collaboratore, in definitiva, è un lavoro creativo e richiede molta empatia; è un lavoro personale, soggettivo, mai ripetitivo e per tutte queste ragioni amo questa professione!

     

    Se tu potessi lavorare con un grande nome, del passato o del presente, chi sceglieresti?

    Mi piacerebbe davvero lavorare con Mirella Freni. Ho frequentato la sua accademia a Modena e la sua tecnica, unita al suo personale modo di fare teatro, mi hanno sempre colpita.

     

    Se non avessi superato le selezioni del corso, quale sarebbe stato il tuo piano B? Avresti comunque continuato su questa strada?

    Certo, mai arrendersi! Innanzitutto, mi ero tenuta apposta una seconda possibilità, quindi avrei sicuramente riprovato le selezioni per il biennio successivo. Il mio desiderio era lavorare in teatro, comunque: è chiaro che senza Accademia ci sarei arrivata priva di un bagaglio importante di esperienze, però penso che avrei tentato comunque di realizzare il mio sogno, e forse sempre rivolgendomi alla Germania.

    Sarei passata da una hochshule, magari attraverso un master, e poi da lì sarei in un modo o nell’altro entrata in teatro.


    Foto header di Björn Hickmann.

    Ritratto verticale di Cristina Mannella, immagine di concerto di Valentina Zanaga.

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    Accademia Teatro alla Scala, oggi presieduta da Giuseppe Vita e diretta da Luisa Vinci, è considerata fra le istituzioni più autorevoli per la formazione di tutte le figure professionali che operano nello spettacolo dal vivo: artistiche, tecniche e manageriali. La proposta didattica si articola in quattro dipartimenti (Musica, Danza, Palcoscenico-Laboratori, Management) per una trentina di corsi frequentati ogni anno da oltre 1.700 allievi.

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