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  • Hall of Fame: Giulia Bazzu, una porta spalancata sulla fantasia

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    • Hall of Fame: Giulia Bazzu, una porta spalancata sulla fantasia
    L’Orchestra dell’Accademia per il Premio Internazionale Antonio Mormone
    Candidati ammessi alla semifinale del concorso per accedere al biennio di perfezionamento per cantanti lirici 2021-2023

    Il mestiere dello scenografo teatrale è molto affascinante perché ha a che fare con la creatività, l’estro e la fantasia. Seguendo le indicazioni del regista dello spettacolo, lo scenografo immagina la scena, la disegna. Ma il frutto della sua creatività, del suo estro ha necessariamente bisogno di essere convogliato in un progetto concreto, effettivamente realizzabile. Ed ecco che, dopo l’approvazione da parte della direzione degli allestimenti scenici, intervengono i professionisti dei reparti di costruzione (falegnameria, officina meccanica) e di scenografia che traducono il bozzetto in un allestimento, occupandosi materialmente della costruzione, realizzazione e decorazione delle scene.

    Molti dei giovani che si iscrivono all’Accademia fanno questo percorso: studiano presso le Accademie di Belle Arti, imparano la tecnica progettuale e poi approdano alla Scuola scaligera, sapendo che qui potranno veramente “mettere le mani in pasta”, grazie a una quotidiana esperienza nei Laboratori di scenografia della Scala al fianco di quei professionisti che rendono veramente unico e speciale ogni produzione teatrale del Piermarini.

    Giulia Bazzu ha seguito la medesima strada. Oggi ventinovenne, cagliaritana, dopo aver frequentato il Liceo Artistico nella sua città, si è trasferita a Milano per laurearsi in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. E poi la scoperta del Corso per scenografi realizzatori. Vediamo com’è andata.
    “Fin da bambina amavo disegnare – racconta – Mia madre conserva ancora i miei lavori. Mio padre era un allestitore di spazi fieristici e mi ha trasmesso la passione per i grandi spazi. Scelsi il Liceo Artistico “Floso Fois” di Cagliari e mi diplomai nel 2012. Successivamente decisi di salutare la mia bella isola e trasferirmi a Milano per studiare presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera, spinta dai miei genitori che mi hanno sempre sostenuto in ogni mia scelta. Mi sono laureata in Scenografia nel 2017 con una tesi su Hoffmann: sono sempre stata affascinata dalla dimensione fantastico-fiabesca.

    Pian piano che questo importante traguardo si avvicinava, iniziai a guardami intorno per capire come proseguire la mia formazione. Una docente mi parlò del Corso dell’Accademia e mi iscrissi alla prova di selezione. Incontrai moltissimi ex compagni. Il test era suddiviso in tre prove. Innanzi tutto, all’atto dell’iscrizione, dovevamo far pervenire due tavole, una su tema scenografico, l’altra sul costume; se ritenute ammissibili, avremmo poi potuto affrontare la seconda fase di selezione che consisteva in una prova pratica, con un disegno dal vero. Infine, un colloquio individuale. Ho affrontato i vari passaggi con determinazione, passione ed entusiasmo e credo che questo abbia giocato un ruolo importante”.

    E che cosa ricordi del tuo percorso in Accademia?
    Per quanto riguarda la mia esperienza in Accademia, ricordo con particolare piacere il mio primo turno all’interno dei Laboratori di scenografia del Teatro alla Scala. Gli allievi, durante il corso, ruotano all’interno dei vari reparti dei laboratori dove si svolgono alcune delle attività legate alla realizzazione degli allestimenti: pittura, scultura, elaborazione costume, elaborazione attrezzeria. Io venni assegnata all’elaborazione attrezzeria, dove mi fu data subito l’opportunità di seguire la lavorazione dell’attrezzeria della Prima di quell’anno, l’Andrea Chenier e, a seguire, del Pipistrello. È stato veramente formativo e divertente: basti pensare che per l’opera di Strauss dovevo realizzare un tacchino arrosto …. tanto finto quanto realistico!!!

    Vi venivano anche assegnati dei lavori da seguire in totale autonomia?
    Magari non totalmente, ma in “semi-autonomia” sì, sempre sotto l’occhio vigile degli scenografi scaligeri, nostri docenti. Un’esperienza di questo tipo l’ho vissuta in occasione della preparazione de L’elisir d’amore per bambini (una delle opere del Teatro alla Scala inserite nel progetto “Grandi Spettacoli per piccoli”, titoli del grande repertorio proposti in versioni ridotte a un pubblico di bambini, ndr). In questo caso tutti gli allievi del corso sono stati chiamati a realizzare scene, costumi e attrezzeria. Io ho lavorato nel reparto di elaborazione costume, dove mi sono occupata della realizzazione dei campioni dei tessuti per la confezione dei costumi. Il progetto del costumista Luigi Perego era molto interessante perché gli abiti di scena erano stati pensati come se a colorarli fossero stati proprio dei bambini, quindi con segni netti ed istintivi di una matita o di un pennarello. L’esperienza è stata fondamentale per accrescere le mie competenze poiché ho potuto sperimentare in prima persona in che cosa consista e come si sviluppi la collaborazione fra il costumista, la sartoria e lo scenografo che si occupa dell’elaborazione del costume. In quell’occasione, per la prima volta ho potuto interpretare e tradurre in concreto l’idea creativa di un costumista. È successo anche dopo, ma con i colleghi del corso.

    Raccontaci….
    Durante il corso ci è stato chiesto di presentare un progetto per la realizzazione di scene e costumi per un Elisir d’amore destinato a un teatro piccolissimo, il Teatro Donnafugata di Ragusa Ibla. Dovevamo “gareggiare” fra noi. Il progetto risultato vincitore sarebbe poi stato realizzato da tutti. È stata veramente una bella sfida. Non ho vinto, ma ho realizzato il sipario e il fondale principale insieme a una collega di corso, Laura Maggioni, con cui ho legato molto.

    Che cosa è successo dopo la fine del corso?
    Una nuova opportunità. Sono stata chiamata a collaborare con il reparto di elaborazione costume. Una grande emozione e anche una grande responsabilità perché ho seguito la produzione più importante, la Prima scaligera. Si trattava di Tosca, i cui costumi erano di Gianluca Falaschi. Un vero onore per me.
    E poi non posso non citare un’altra curiosa avventura. Con Laura abbiamo deciso di partecipare a un concorso internazionale di illustrazione di libri senza parole, il Silent Book Contest. Siamo arrivate fra i 12 finalisti con il nostro progetto editoriale “Habitat” … una soddisfazione notevole, considerando che i partecipanti erano oltre 200.
    Purtroppo, la pandemia ha bloccato molti progetti, ma non certo la determinazione e l’entusiasmo per raggiungere gli obiettivi! E io continuo a sognare.

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    Accademia Teatro alla Scala, oggi presieduta da Giuseppe Vita e diretta da Luisa Vinci, è considerata fra le istituzioni più autorevoli per la formazione di tutte le figure professionali che operano nello spettacolo dal vivo: artistiche, tecniche e manageriali. La proposta didattica si articola in quattro dipartimenti (Musica, Danza, Palcoscenico-Laboratori, Management) per una trentina di corsi frequentati ogni anno da oltre 1.700 allievi.

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