Nuovo appuntamento con gli ex allievi dell’Accademia per la Hall of Fame.
A rispondere alle nostre domande è, quest’oggi, Michele D’Elia: con lui abbiamo parlato del ruolo del maestro collaboratore, una delle diverse figure professionali preparate dall’Accademia Teatro alla Scala.
Fra le diverse professionalità del mondo musicale, la figura del pianista accompagnatore d’opera è complessa e al pubblico generale è ancora molto sconosciuta. Cosa fa in concreto un pianista accompagnatore?
Non è semplice rispondere a questa domanda, quella del pianista accompagnatore è una figura molto sfaccettata e varia a seconda dell’ambito in cui si trova a operare.
Innanzitutto, il pianista suona in concerto con uno o più cantanti, dunque nella più classica delle sue funzioni, quella dell’esibizione pubblica. Quando non è impegnato a livello concertistico, studia il repertorio operistico con i cantanti, insegnando loro il tratto stilistico di uno o più ruoli da interpretare in scena e in questo caso viene definito “repertorista” o “spartitista”.
In teatro invece, il pianista accompagnatore assume il ruolo di “maestro collaboratore”, intervenendo attivamente alla realizzazione di un’Opera, dalle prove musicali a quelle di regia, dal coordinamento dei movimenti scenici gestiti da dietro le quinte durante gli spettacoli alla funzione di maestro al cembalo (o al fortepiano), per non dimenticare la figura fondamentale del “maestro suggeritore”. Sicuramente è un mestiere in cui non ci si annoia!
Ma partiamo dall’inizio: come sei arrivato all’Accademia Teatro alla Scala?
Amo definirmi un melomane cioè un appassionato ascoltatore di opere. All’età di quindici anni sono rimasto letteralmente folgorato dalla visione de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti e ho intrapreso molto presto la conoscenza dei titoli fondamentali del repertorio operistico. Conclusi gli studi pianistici in conservatorio, ho cominciato a lavorare alle stagioni liriche organizzate presso il Politeama Greco di Lecce, il principale teatro della mia città d’origine e successivamente ho collaborato col Festival Rossini in Wildbad, che da tanti anni si svolge d’estate in Germania.
Ma sentivo che la mia formazione doveva essere perfezionata in un ambito specialistico e quale miglior ambiente se non quello dell’Accademia Teatro alla Scala poteva offrirmi questa opportunità? Feci l’audizione e fui ammesso al corso, nel biennio 2008/2010. Da quel momento, il legame tra me e questa prestigiosa istituzione non si è mai spezzato. Nel gennaio 2011, pochi giorni dopo aver terminato il biennio, sono diventato docente nel corso di perfezionamento per cantanti lirici dell’Accademia Teatro alla Scala e recentemente, con mia grande gioia e orgoglio, sono stato inserito anche tra gli insegnanti del corso per maestri collaboratori.
Cosa ti ha dato il corso, a livello professionale e umano?
Sarò sempre grato verso l’Accademia Teatro alla Scala per il bagaglio umano e professionale che mi ha fatto acquisire nel biennio del corso di perfezionamento. Spesso mi capita di definirla come “una seconda casa”, perché casa vuol dire ambito familiare, scambio umano, definizione del carattere, luogo di affetti, ma anche territorio di grandi scontri culturali e personali.
Accademia è tutto questo, una prestigiosa istituzione che mira allo sviluppo professionale dell’allievo, al perfezionamento delle sue competenze, ma è anche un nido protettivo che garantisce un pieno sviluppo della sua crescita personale, con uno sguardo alle reali esigenze lavorative che lo attendono all’esterno, offrendo strumenti didattici mirati e docenti di chiara fama.
Quale caratteristica (o caratteristiche) si deve possedere per eccellere in questo lavoro?
Innanzitutto, il dono della pazienza, avere a che fare con i cantanti lirici non è cosa da poco. Cantare professionalmente non è facile, la voce è molto delicata ed essendo parte integrante del fisico, spesso è esposta a intemperie, malesseri, malattie stagionali. Occorre essere per loro un grande supporto psicologico, guidarli musicalmente e stilisticamente, ma anche a livello emotivo. Inoltre, è importante avere curiosità e desiderio di approfondimento riguardo al vastissimo repertorio operistico, che va da Monteverdi fino al Novecento inoltrato. Ma una componente fondamentale è innanzitutto amare il proprio lavoro, questa caratteristica fa sempre la differenza!
Ci racconti della tua “giornata tipo” e dei prossimi progetti?
Sono appena rientrato dal Giappone dove mi sono esibito con Aya Wakizono, ex allieva dell’Accademia e oggi apprezzata interprete internazionale, in una delle più importanti sale da concerto del mondo, la Kioi Hall di Tokyo e fra poco partirò alla volta di Buenos Aires dove, assieme ai solisti dell’Accademia della Scala, rappresenterò la cultura italiana con un concerto in omaggio al glorioso veliero Amerigo Vespucci della Marina Militare Italiana.
Durante l’estate sarò impegnato al Rossini Opera Festival di Pesaro, in un’edizione davvero speciale di questa manifestazione, dato che il capoluogo marchigiano quest’anno è stato proclamato Capitale Italiana della Cultura 2024. Quando non sono impegnato in concerti, la mia giornata-tipo è sempre in compagnia dei cantanti che preparo a nuovi debutti oppure sono in Accademia a fare lezione con gli allievi che approfondiscono e perfezionano il repertorio.
Le mie giornate scorrono esclusivamente su note musicali e testi poetici e mi ritengo molto fortunato perché la mia principale passione, l’Opera, è diventata anche il mio lavoro e fonte di grandissime soddisfazioni!
Infine un augurio per tutti i giovani pianisti che si stanno iscrivendo alla nuova edizione del biennio!
Non esitate a iscrivervi, si tratta di un’esperienza unica! Formativa non solo nell’aspetto professionale, ma anche in quello umano. Una scuola d’eccellenza che insegna tanto ed è sinonimo di garanzia, anche in vista dell’inserimento nella vita lavorativa teatrale e concertistica futura.