Un destino segnato.
Nicoletta Manni, classe 1991, oggi prima ballerina del Teatro alla Scala, si avvicina alla danza classica a soli 2 anni grazie alla mamma, insegnante di danza. Nata a Galatina, in provincia di Lecce, a 12 anni viene ammessa al quarto corso della Scuola di Ballo dell’Accademia.
Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia per la rubrica “Hall of Fame”, dedicata ai nostri talenti.
Mi sono trasferita a Milano quando avevo solo 12 anni, dopo aver superato le selezioni per il quarto corso della Scuola di Ballo dell’Accademia. Ho vissuto in un convitto di suore con alcune mie compagne, ma io ero la più giovane del mio corso, poiché avevo iniziato la scuola elementare un anno prima. Per me è stato un sogno trovarmi in una grande città come Milano, anche se col passare del tempo devo ammettere che la mancanza della famiglia si è fatta sentire. Una famiglia sempre presente. Grazie al loro supporto sono riuscita ad andare avanti anche nei momenti di debolezza. Devo molto ai miei genitori, senza di loro forse non sarei arrivata dove sono oggi.
Che cosa ricordi dell’audizione e poi del tuo percorso in Accademia?
Il giorno dell’audizione, nel 2004: un ricordo bellissimo!
Venni accompagnata da mia mamma, ero molto tesa, ma anche molto determinata ad entrare in questa prestigiosa scuola. Volevo fare la ballerina.
La Scuola, prima sotto la direzione di Anna Maria Prina e successivamente di Frédéric Olivieri, mi ha regalato un percorso di formazione di altissimo livello e di grande professionalità da parte di tutti i docenti. Sinceramente, in quegli anni, non sapevo se sarei mai diventata prima ballerina, ma ero molto motivata e ringrazio tutti coloro che mi hanno sempre spronata a dare il meglio di me stessa.
Che cosa ti ha dato in particolare l’Accademia?
Io ero un’allieva fuori sede, quindi nel mio caso, gli insegnanti sono stati delle vere e proprie guide per il mio percorso.
Mentre studiavo, ho avuto la possibilità di partecipare ad alcune produzioni scaligere: ricordo il mio debutto a 13 anni ne Lo Schiaccianoci, con la coreografia di Rudolf Nureyev, dove feci uno dei topolini. Lo ricordo come un momento magico: lo schiaccianoci era interpretato da Roberto Bolle e a vestire i panni di Clara era Eleonora Abbagnato. Fu un momento di alta formazione per me che ero ancora una bambina, poiché ebbi la straordinaria opportunità di vedere da vicino come si preparavano due ballerini professionisti ad una vera produzione.
Essere allievi di una Scuola di Ballo legata a un Teatro così prestigioso, con una compagnia di quel livello ed avere la possibilità di esibirsi su quel palcoscenico oltre che essere chiamati nelle produzioni, è sicuramente un grande vantaggio.
Una volta diplomata, come si è sviluppata la tua carriera?
Mi sono diplomata nel 2009.
All’epoca ero ancora minorenne poiché, come dicevo, avevo iniziato la scuola un anno in anticipo e quindi sono stata costretta a fare delle audizioni all’estero, poiché in Italia non era facile trovare un contratto stabile per un minorenne.
Sono stata comunque molto fortunata in quanto ho ottenuto il mio primo ingaggio presso lo Staatsballett di Berlino, a soli 17 anni. Non fu facilissimo all’inizio: non conoscevo la lingua ed era la prima volta che mi trovavo a lavorare in una compagnia straniera. Oggi però posso dire che sono felice di aver fatto questa scelta che mi ha dato la possibilità di lavorare tantissimo e di perfezionarmi come ballerina a livello internazionale.
Dopo tre anni e mezzo, nel 2013, ho lasciato la Germania per tornare a Milano, su richiesta del Direttore Makhar Vaziev, che mi ha voluto nuovamente al Teatro alla Scala.
Mi sono stati subito affidati ruoli da solista: ho danzato in Giselle nel 2013, nel ruolo di Myrta al fianco di Svetlana Zakharova e Roberto Bolle e nel ruolo di Odette-Odile ne Il lago dei cigni.
Nel 2014, a 23 anni, sono stata nominata prima ballerina. Da quel momento ho avuto il piacere di interpretare moltissimi ruoli al fianco di meravigliosi ballerini.
Quanto è importante il legame con il partner maschile?
Penso che una coppia di danzatori debba essere innanzitutto credibile agli occhi del pubblico, trasmettere armonia e una reale affinità, che si crea solo lavorando molto insieme. La complicità di coppia tra due danzatori a mio parere si consolida interpretando ruoli diversi.
Che ruolo riveste il maître per un ballerino?
Devo dire che è una figura fondamentale per i giovani ballerini.
Quando sono entrata nella compagnia scaligera, non potevo ancora vantare un’esperienza consolidata come professionista e la presenza di Olga Chenchikova al mio fianco si è rivelata sostanziale per apprendere l’approccio corretto allo studio e all’interpretazione dei ruoli.
Si chiude, ce lo auguriamo tutti, un periodo molto difficile per il mondo dello spettacolo. Come lo hai vissuto?
Il Teatro alla Scala è stato uno dei primi a chiudere a causa della pandemia da Covid-19. Essere rimasti lontani diversi mesi dal nostro Teatro ha sconvolto le nostre vite ed abbiamo dovuto rinunciare al contatto con chiunque, anche con i maestri.
Diciamo che ci siamo tutti arrangiati improvvisando sale prove in salotto o in cucina…ma ovviamente vi lascio immaginare la difficoltà. Non vedo l’ora di tornare pian piano alla completa normalità.
Vuoi dire qualcosa ai ragazzi che in questi giorni stanno affrontando le selezioni per la Scuola di Ballo?
Prima di tutto faccio loro il mio in bocca al lupo e poi non posso che consigliare di essere tenaci, determinati e di credere nelle proprie aspirazioni.
I sogni, ve lo assicuro, si possono realizzare!
Foto Brescia e Amisano©Teatro alla Scala