– Fatma Said e l’Accademia Teatro alla Scala. Quando il primo “incontro”?
La prima volta che sentii parlare dell’Accademia Teatro alla Scala mi trovavo a Berlino, presso la Hanns Eisler School of Music. A quel tempo pensavo che avrei proseguito i miei studi in Germania o in Austria, ma improvvisamente il mio percorso di vita cambiò! Era il 2012, trovai a scuola un volantino che annunciava la nuova edizione del Leyla Gencer Voice Competition, il concorso di canto promosso dalla Fondazione Istanbul per le arti e la cultura (IKSV), dal Borusan Sanat e dall’Accademia Teatro alla Scala, dedicato alla memoria del grande soprano turco Leyla Gencer.
Decisi di partecipare! Sono sempre stata una persona che ama le sfide personali. Mandai i video richiesti per passare la prima fase eliminatoria e passai al secondo step volando in Turchia. Qui ho incontrato tantissimi cantanti, alcuni dei quali provenivano proprio dall’Accademia Teatro alla Scala. In giuria c’era anche Mirella Freni, all’epoca fra i docenti di riferimento dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici che io conoscevo principalmente come grande artista.
In quell’occasione conobbi Daniele Borniquez, Responsabile del Dipartimento Musica dell’Accademia, che mi propose di iscrivermi al concorso di ammissione a Milano. Io non accettai subito, poiché volevo finire i miei studi a Berlino: era molto importante per me laurearmi.
E così avvenne.
Dopo aver conseguito la laurea in musica presso la Hanns Eisler School of Music di Berlino nel 2013, mi presentai alle selezioni dell’Accademia e, una volta ammessa, ricevetti una borsa di studio che mi permise di diventare la prima soprano egiziana a esibirsi su quel palcoscenico prestigioso. Il rapporto con l’Accademia è durato tre anni, avendo avuto l’invito a rimanere un altro anno dopo il diploma.
– Come è nata la passione per il canto?
La passione per la musica classica nasce all’età di quattordici anni: vivevo a Il Cairo e studiavo in una scuola tedesca. Mi sono avvicinata al canto attraverso il coro della scuola, prendendo le prime lezioni con il soprano Neveen Allouba. Si trattava di una istituto che offriva spesso la possibilità di fare delle audizioni internazionali di canto, grazie al suo network con altre scuole tedesche nel mondo. Cominciai così a partecipare a qualche concorso.
– Che cosa ricordi del tuo periodo di studi in Accademia?
Gli insegnamenti di Luciana Serra, Vincenzo Scalera, Renato Bruson e Luciana D’Intino sono stati fondamentali per la mia formazione. Ricordo, per esempio, le lezioni della signora D’Intino che conobbi l’ultimo anno di Accademia: il suo arrivo mi servì tantissimo perché parlammo a lungo dell’uso del fiato e della tecnica in generale. Fu molto importante per me.
In Accademia eravamo trattati già come professionisti. La nostra tecnica doveva essere molto solida per poter sostenere un programma così intenso di prove, produzioni e impegni. Dovevamo essere sempre pronti e disponibili anche in caso di emergenze dell’ultimo minuto, se per esempio, qualche cantante era impossibilitato ad esibirsi o per audizioni importanti.
Mi piaceva molto la metodologia didattica proposta: oltre allo studio della tecnica vocale e interpretativa vi erano lezioni dedicate all’arte scenica e alle tecniche dell’espressione. Ricordo, per esempio, il lavoro con Marco Gandini.
Devo dire che i momenti più piacevoli li ho vissuti durante le prove prima di uno spettacolo. L’atmosfera era sempre entusiasmante, ma serena e ricevevo ogni volta nuovi impulsi per la mia carriera artistica.
– Quali sono i ruoli che hai più amato durante gli studi in Accademia?
Ho avuto la fortuna di ottenere molti ruoli mentre studiavo in Accademia: ricordo in particolare Pamina del Die Zauberflöte di Mozart che ebbi occasione di interpretare in una nuova produzione, affidata alla regia di Peter Stein e diretta da Ádám Fischer, che venne anche trasmessa in tv e divenne poi un DVD.
Ricordo ancor oggi la fortissima emozione che ho provato nell’interpretare il ruolo di Berta nel Barbiere di Siviglia di Rossini, a fianco di Leo Nucci e Ruggero Raimondi o quando, ormai ex allieva dell’Accademia, ho nuovamente vestito i panni di Pamina nel Die Zauberflöte firmato da Stein per inaugurare la Shangyin Opera House, la nuova sala del Conservatorio di Shanghai. Ogni ruolo mi ha insegnato qualcosa di nuovo sulla mia voce.
– E dopo l’Accademia?
Una volta concluso il percorso in Accademia, nel 2016, sono tornata a Berlino, ma sentivo il bisogno di un periodo di vacanza. Così ho iniziato a viaggiare, a ballare, prendendo lezioni di tango. Avevo voglia di dedicarmi un po’ ai miei hobby. Avendo iniziato la carriera molto giovane, avevo voglia di vedere il mondo e di riposare.
Non solo. Questo progetto rispecchia la mia anima, il mio essere, frutto di culture diverse che dialogano attraverso il canto: quella araba, quella francese e quella spagnola. In fondo, la musica spagnola è anche il risultato delle influenze della cultura araba. Così, anche quando canto nella mia lingua, non posso prescindere dagli studi che ho fatto, dalla mia formazione musicale, una formazione europea. In questo modo i diversi mondi convergono in un unico strumento e danno vita ad una nuova espressione artistica.
– Che cosa rappresenta per te il canto lirico?
Per me il canto rappresenta prima di tutto disciplina, come nella vita. Durante le lezioni in Accademia, il Maestro Bruson citando Verdi, disse “…per cantare ci vuole anche la voce”. La mia educazione mi ha insegnato che tutto deve essere disciplina, sinonimo di rispetto verso se stessi e verso gli altri: disciplina nell’alimentazione, nello sport, nel lavoro. E il canto è il mezzo attraverso il quale posso esprimere la mia anima e la mia vita artistica. Poi ci vuole preparazione e tanto studio, costante. Infine, invito tutti i futuri aspiranti allievi del Corso di perfezionamento per cantanti lirici ad ascoltare molto il loro cuore, ascoltarsi molto e non vergognarsi mai nel porsi domande. Come cantante io ricevo moltissime opinioni diverse, ma ho sempre ascoltato quello che volevo davvero fare e cosa il mio corpo mi permetteva di fare.
– Una riflessione su questo momento “sospeso” a causa della pandemia.
La pandemia ha inevitabilmente segnato una battuta d’arresto, ma credo che questo momento storico abbia insegnato a tutti noi il vero valore della pazienza, della capacità di “saper aspettare”. Inoltre, mi ha fatto comprendere ancora di più quanto sia importante tenersi ben ancorati alla vita “reale” e non solo a quella del palcoscenico. Mi ritengo molto fortunata poiché ho una famiglia che mi sostiene molto e mi consiglia di tenere sempre “i piedi per terra”, incoraggiandomi a vivere appieno la mia vita non solo come artista, ma anche come giovane donna di 29 anni. Ho tanti progetti in cantiere per il futuro!
La BBC Music Magazine ha inserito Fatma Said e il suo CD El Nour nella rosa di candidati per il BBC Music Magazine Vocal Award di quest’anno. Se vi è piaciuto El Nour, votatelo subito!
Potete seguire Fatma su fatmasaid.com