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  • Sumireko Inui, borsista del Corso di direzione di scena

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    Sono originaria di Tokyo. La mia famiglia non è una famiglia di artisti. I miei genitori sono insegnanti. Mia madre, però, ha sempre avuto una grande passione per il teatro e la musica, anche se non ha potuto coltivarla.

    Pertanto, ha voluto che sin da bambina io mi avvicinassi a tali discipline, facendomi studiare pianoforte, danza, arti sceniche, senza tralasciare comunque lo sport.

    Ho iniziato a studiare canto lirico e mi sono laureata in Giappone, dove ho mosso i primi passi come soprano.

    Nel 2015, per perfezionarmi, ho deciso di venire in Italia. Ho frequentato il Conservatorio di Alessandria dove ho conseguito un’ulteriore laurea. Durante gli studi, in occasione degli spettacoli, è capitato che mi chiamassero perché dietro le quinte avevano bisogno di un aiuto.

    Ho scoperto in questo modo la figura professionale del direttore di scena, così poliedrica e interessante. Per approfondirla avrei voluto fare un tirocinio al Teatro Regio di Torino, ma poi è scoppiata la pandemia e inevitabilmente tutto si è fermato.

    Per caso, su Facebook, mi è comparso l’annuncio pubblicitario del Corso dell’Accademia. Mi sono detta: è la mia occasione, anche se… figuriamoci … all’Accademia della Scala! E invece, mi sono iscritta alle selezioni, le ho superate ed eccomi qui.

     

    A parlare è Sumireko Inui, allieva e borsista del Corso di direzione di scena.

    [Continua sotto]

     

     

    Qual è la cosa che ti affascina di più di questo lavoro?

    Sono molti gli aspetti che apprezzo di questa professione. Il direttore di scena è colui che è capace di gestire contemporaneamente tante persone con ruoli molto diversi fra loro: dagli artisti ai tecnici.  Si tratta di un professionista che deve sapersi rapportare con diverse tipologie di persone, con rispetto e discrezione, senza essere invadente, ma in modo fermo e deciso. Devo dire che mi entusiasma l’idea di poter svolgere tali attività. Il direttore di scena deve avere notevoli capacità organizzative, gestionali e relazionali. Deve sapere gestire con precisione i tempi dello spettacolo. Se un cambio di scena deve essere fatto in pochi secondi, non può sbagliare. Per non parlare della delicata gestione dei rapporti fra regista e direttore d’orchestra, non sempre idilliaci. Insomma, è un ruolo veramente articolato, che richiede anche doti diplomatiche, ma molto stimolante. 

     

    Che cosa ti sta dando in particolare questo corso?

    Sicuramente l’attività pratica. Poter fare esperienza dietro le quinte arricchisce notevolmente il percorso formativo e lo rende unico. Per esempio, proprio in questi giorni sto facendo lo stage al Teatro alla Scala. Semplicemente emozionante! Poter seguire da vicino il lavoro dei direttori di scena della Scala è impagabile. Prima, a livello teorico, abbiamo imparato come si prepara la gestione dello spettacolo, ed ora lo stiamo vedendo sul campo. Trovo particolarmente interessante aver appreso il “tono di voce” che si deve tenere a seconda dell’interlocutore che si ha di fronte, che siano i tecnici o gli artisti.

     

    Ma un direttore di scena deve sapere necessariamente leggere la musica, oppure no?

    Sicuramente può essere un vantaggio, ma non è indispensabile. La cosa importante è prendere nota dei tempi. In genere, lo spartito si prepara proprio inserendo il minutaggio. Quanto dura un’aria, quanto dura una scena. Quando vi sono dei movimenti delle scene, dei cambi, anche i cambi veloci dei costumi dietro le quinte…

     

    Che qualità deve avere secondo te un direttore di scena? Dovendo consigliare questo percorso formativo che cosa suggeriresti?

    La qualità più importante sia per affrontare questo corso sia per la professione credo debba essere la capacità di collaborare con gli altri. Essere aperti alla collaborazione, perché il direttore di scena, dovendo gestire tante persone, deve proprio avere questa apertura al dialogo e alla collaborazione.

     

    Le competenze che si acquisiscono posso essere applicate anche in altri ambiti dello spettacolo?

    Assolutamente, anche se sarei felice se riuscissi a rimanere nell’ambito dell’opera lirica, anche alla luce della mia formazione.

     

    Raccontami della borsa di studio.

    Per me è stato un aiuto sostanziale per poter frequentare il corso. Arrivata in Italia, per mantenermi agli studi, ho intrapreso una proficua attività come insegnante di giapponese. Un’attività che ho dovuto inevitabilmente ridurre per poter seguire il corso. Fortunatamente, la borsa di studio mi ha dato una chance concreta.

     

    Nella tua borsa dei sogni c’è un oggetto particolare. Di che cosa si tratta?

    Sì, è un quadernetto che mi ha regalato il mio insegnante in Conservatorio. Un quaderno con dei semplici fogli bianchi, dove io posso annotare quello che vivo, le mie esperienze e, soprattutto, i sogni che piano piano si realizzano. Perché io ne ho tanti di sogni, ma alcuni si stanno già realizzando!

     

    Come ti trovi in Italia?

    Mi piace tantissimo stare qui. Probabilmente, se dovessi tornare a Tokyo, non escludo che potrebbe essere più semplice trovare un lavoro, ma mi piace questo paese. Vedremo.

     

    Che differenza c’è fra esibirsi sul palcoscenico e lavorare dietro le quinte?

    Quando cantavo avevo bisogno di due o tre minuti di concentrazione assoluta prima di ogni concerto. Poi, appena salivo sul palco, la concentrazione lasciava il posto alla mia espressività. Il lavoro dietro le quinte, invece, impone una concentrazione molto più lunga. Un’opera lirica generalmente non dura meno di due ore, quindi l’attenzione deve essere sempre vigile. Se prima e durante l’esibizione, nulla esiste all’infuori di me, nel lavoro dietro le quinte devo invece osservare tutto quello che accade intorno a me, per essere sicura che tutto si svolga nel modo giusto.

     

    Hai già in mente un’opera che ti piacerebbe seguire come direttore di scena?

    Sicuramente un’opera di Verdi o di Puccini. Penso ad Aida, per esempio che prevede un numero cospicuo di artisti.

     

    Che differenza c’è fra il teatro di prosa e il teatro d’opera…

    Le dinamiche dietro le quinte sono molto simili. Dipende dallo spettacolo, ma comunque il teatro d’opera è ovviamente più complesso.

     

    Stai per concludere l’esperienza pratica al Teatro alla Scala. Ti attende ora lo stage di 300 ore? Quali sono le tue aspettative?

    Dovrei svolgere il mio stage in un teatro d’opera italiano. Il mio auspicio è quello di poter avere tante opportunità di mettere in pratica le competenze acquisite. Non vedo l’ora, anche perché il mio quadernetto deve essere riempito di storie … e di nuovi sogni!

     

     

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    Accademia Teatro alla Scala, oggi presieduta da Giuseppe Vita e diretta da Luisa Vinci, è considerata fra le istituzioni più autorevoli per la formazione di tutte le figure professionali che operano nello spettacolo dal vivo: artistiche, tecniche e manageriali. La proposta didattica si articola in quattro dipartimenti (Musica, Danza, Palcoscenico-Laboratori, Management) per una trentina di corsi frequentati ogni anno da oltre 1.700 allievi.

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